Il lungo '68 di Marco Boato

Nato a Venezia 27 luglio 1944. Politico. Docente universitario. Ex Lotta continua e Dp, nel 1979 e 1983 fu eletto deputato con il Partito radicale, nell’87 senatore con il gruppo Federalista Europeo, nel 1992 deputato con i Verdi, nel 1996 deputato con l’Ulivo (relatore alla Commissione Bicamerale sulla riforma della giustizia), nel 2001 deputato con il Girasole (firmò la legge per la distruzione delle intercettazioni riguardanti i parlamentari, bocciata dalla Consulta nel 2007), nel 2006 deputato con i Verdi (Segretario di Presidenza), nel 2008 non fu ricandidato («Prc mi ha messo il veto e, in nome del rinnovamento, ha proposto Lidia Menapace, 85 anni»). Al congresso di luglio, candidato alla guida dei Verdi, è stato sconfitto da Grazia Francescato. «Madre cattolica, papà laico, entrambi iscritti al Partito d’Azione. Arriva a Trento nel 1963, dove fonda il Gruppo democratico Intesa universitaria triestina, di cui fa parte anche Renato Curcio. È una strana figura di contestatore: veste in giacca e cravatta e va ogni giorno a messa (è un ex chierichetto). “Era potentemente cattolico”. Partecipa a tutte le maggiori occupazioni avvenute in Facoltà, dal 1966 al 1968. Intervistato dalla Rai nel 1968 dirà: “Il nostro obiettivo è esportare la rivoluzione nelle fabbriche”» (Diario). «Il movimento studentesco fu un movimento di modernizzazione ed ebbe un impatto molto forte sulle strutture sociali e le gerarchie ecclesiali. La Chiesa subì dei contraccolpi sperimentando un’emorragia di sacerdoti e la riduzione degli ingressi in seminario. Per molti di noi fu anche un momento di crisi personale, perché era difficile conciliare la dimensione della fede con quella politica. E molti scelsero di allontanarsi dalla fede. Da cattolico praticante non ho vissuto quegli anni in modo traumatico, anzi furono anni di grande arricchimento sia sul piano politico che religioso».

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